Questo fine settimana abbiamo deciso di trascorrerlo con Ale e Yat a Valencia.
Siamo arrivati la sera verso le 21.00, dopo 1 ora e 40 di volo, credevamo di essere arrivati a fine giornata e invece abbiamo trovato una città al tramonto con i negozi aperti, la cena ancora da preparare.
La prima cosa che ci ha colpito è stata la fluidità degli stili architettonici, le strade ampie trafficate e scorrevoli che rendono le distanze più vicine, abituati a Roma dove per raggiungere l’altra parte della città devi programmare almeno due ore di tempo tra il tragitto, il traffico ed il parcheggio (lavori in corso permettendo!).
Dicevamo abituati a Roma, la città eterna, con i suoi 2000 anni di storia, dove puoi trovare tutto, che senti provinciale e metropolitana, empatica e viva in ogni suo sanpietrino, con la sua bellezza fiera, quasi arrogante e fragile allo stesso tempo, della quale un romano non può farne a meno, imparagonabile per quanto l’ami.
Valencia è diversa, si presenta nel suo apparente “anonimato”, a tratti simile a tutte le città divise da un fiume che l’attraversa, che solo ad un secondo sguardo scopre, quasi con discrezione, una ricerca nel miscelare espressioni stilistiche che racchiudono un piacere quasi sensoriale.
Ti guardi intorno e devi ancora riprenderti dalla sorpresa di avere ancora del tempo a disposizione, per fare la spesa, per fare shopping, per decidere dove andare, per prenotare, senza pensare che a differenza di una metropoli puoi mangiare alle 23.00 senza ponderare gli orari di chiusura.
Gli occhi imprimono immagini, fotografie che sbiadiranno con il tempo e che renderanno Valencia uguale a tutte le altre e che la sua unicità potrà essere data solo dalle persone con la quale si è conosciuta.
Una bellezza unica e piena di grazia è il Museo Oceanografico all’interno del Museo dell’Arte e delle Scienze, costruito dalla genialità indissolubilmente legata ad una grande sensibilità di Calatrava, per apprezzarlo serve una mattinata ed una parte del primo pomeriggio, si percepisce nell’attraversare le piscine all’aperto e gli acquari poi, un’analisi quasi naturale degli ambienti, dove il bianco ed il celeste si fondono tra il cielo e la terra, dove l’illusione della libertà si confonde con il giogo della vita.
Tra le cose più belle che ho visto c’è la coma, un quartiere di gitani”¦. Certo! Come può un quartiere di gitani essere bello dopo che hai visto “come” in altre città più culturali vengono “accettati” e ospitati?
La coma è un quartiere accanto ad altri residenziali, che potrebbe essere confuso con molti quartieri di Roma, fatto di abitazioni, dove il concetto di popolarità edilizia ha una cognizione diversa dalla nostra, abbastanza pulito o sporco come può essere un quartiere, dove il tetto è in cemento come il mio, così le condutture dell’acqua e del gas, dove non c’è la necessità o la voglia di disprezzare tutto, dove per entrare in casa non attraversi un prato sporco e maleodorante, dove la tolleranza per la diversità diventa accettabile e dignitosa per l’essere umano.
Da romani fieri e stanchi del caos mi domando come questo possa essere possibile, cosa non ha permesso una simile integrazione? Sicuramente vi saranno difficoltà anche lì e sicuramente si può fare altro, ma sicuramente se fossi un valenciano sarei fiero più per questo che per la movida.
Valencia ti restituisce la speranza che si può essere migliori, divertirsi senza rincorrere il tempo, integrarsi ed essere propositivi, dove dare spazio ad altri non si confonde con la restrizione del proprio.
Per ultimo, senza essere troppo personale, grazie all’ospitalità e l’amicizia di Yat ed Ale, amicizia diventata quasi anacronistica e fuori da schemi”¦. Siate felici!!!!!!!
Grazie a voi per la vostra amicizia che non si ਠper niente “appannata” con il tempo… Tornate presto! 🙂
Dovreste sentire il pensiero dei Valenciani, prima di parlare di gitani o rumeni accettati 🙂 😉